Il Pinot Noir "fa ammattì".
Fa ammattire il produttore, l'enologo, il cantiniere perchè: è un vitigno difficile, è scontroso, molto sensibile al terroir, terribilmente sensibile all'andamento stagionale, esige cure e attenzioni in vigna e cantina da far venire i capelli bianchi, produzioni altalenanti e risultati diversi.Una bestemmia continua!
Ma quando lo fai bene, quando ti viene bene, quando trova l'annata giusta, quando vive nel posto giusto.. Allora signori miei, "cacceteve lu cappelle" come dicono in Borgogna!
Fa ammattire l'appassionato perchè: è il paradiso con le vergini per il kamikaze, è l'estasi mistica per la santa, è l'orgasmo multiplo per la pornostar, e poi fa anche figo: "che hai bevuto oggi?" "Ho stappato un Pinot Noir" con sorrisetto soddisfatto e gridolini di piacere. Il Principe Nero è ammaliante e discreto allo stesso tempo: è sempre in frac ma non se la tira; è complesso e delicato, ma il suo biglietto da visita è sempre l'armonia. La perfetta armonia tra la aspetto, l'olfatto e il gusto. Per me il Pinot Noir è un esercizio zen, come quando da bambini al mare si ficcava la testa sott'acqua e si contavano i secondi per fare a gara: così versato nel bicchiere inizia la lotta tra la ragione che vuole analizzare, attendere e scovare un nuovo sentore e l'istinto animale che lo vuole trangugiare. L'unico vino che potrebbe tenergli testa per finezza, eleganza e sensualità è probabilmente il Nebbiolo, con gli altri non c'è partita.
La leggenda dice che forse è il padre di tutti i vitigni, che provenga dalla mitica terra di mezzo dell'Asia Centrale e che da lì si è diffuso quasi a tutte le latitudini del mondo. Ma la sua patria resterà sempre la Borgogna, dove risulta attestato già in documenti del 675 d.C. Qui il Principe Nero si esprime a livelli che nessuno vi potrà mai descrivere, nemmeno il Santo Bevitore. Buttando un occhio alle condizioni ambientali e climatiche, si può capire però quali sono i complicati gusti del nobile: il clima è continentale ( dice "che è il clima continentale?" per semplificare è il clima dell'Europa centrale, nelle regioni lontane dal mare e quindi: inverni freddi con frequenti gelate anche primaverili, scarsa piovosità invernale, ma intensa nella tarda primavera-inizio estate), il terreno è calcareo, marnoso e argilloso. Il calcare, prevalente in quella che non a caso si chiama Cote D'Or, è decisivo per la potenza strutturale del Pinot e per l'articolazione dell'elegante bouquet. Dalla fine dell'Ottocento, quando in ogni angolo d'Europa tutti si sentivano in dovere di "copiare i grandi francesi", si è diffuso un po' ovunque insieme allo Chardonnay, dando al contrario di quest'ultimo risultati spesso pallidi e diversamente apprezzabili. Il Principe si concede poco e non ovunque: in Italia i migliori sono certamente quelli dell'Alto Adige e del Piemonte, parlando di vinificazione in rosso. Quindi amigos, domattina non precipitatevi a comprare il primo Pinot che vi capita sottomano...
Siccome è quasi Natale e tutti sono più buoni, segue una dritta:
Vosne-Romanée
- Bossières - 2011 di Jean Grivot
Attenzione attenzione: sicuramente non è il migliore Pinot Noir del mondo, anche perchè per acquistare una bottiglia del migliore del mondo (o presunto tale) mi toccherebbe vendere la casa, la macchina, il maiale, un rene e il mio cane. Ma è questa certamente una bottiglia utile, utilissima a capire quello che sto cercando di dire... forse. E senza dubbio è una delle migliori espressioni che mi è capitato di incontrare.
Il Domaine Jean Grivot fu acquisito dal capostipite poco prima della rivoluzione francese (praticamente dilettanti...) e oggi vanta 15 ettari di terreni in ben 18 AOC ( tra cui anche Chambolle-Musigny). La vinificazione inizia con una macerazione a bassa temperatura per 4-6 settimane, poi si attiva la fermentazione esclusivamente tramite lieviti indigeni, per l'affinamento si usano in variabile misura solo legni di Allier per un anno e mezzo, infine si imbottiglia. Le fasi seguono i cicli lunari..Nessuna filtrazione, nessuna chiarifica. Il risultato è.. rosso rubino pieno, con straordinaria capacità di accogliere e riflettere la luce. Muovendo il
liquido, si fa notare l’importanza della consistenza: archetti regolari e fitti
e lacrime lente ricamano le pareti del bicchiere preparando naso e palato a
grandi aspettative. Il naso non rimane deluso: intensità, eleganza e
complessità lo mettono a dura prova. La valutazione è fatta tutta di termini
pieni, il mezzotono dell'“abbastanza” è lontano da qui. Si individuano sentori floreali di rosa,
ginepro e simili fiori delicati, il
fruttato è abbastanza chiaro di ribes, mora, anche prugna rossa matura e poi liquirizia e
note di spezie dolci (chiodo di garofano, cumino, cannella), ancora una nuova ondata di fieno ed erbe aromatiche, piccolo annuncio boisé e tostatura di cacao. E poi basta, in bocca! Al
palato in evidenza prepotente: equilibrio, eleganza, finezza e persistenza, calore, freschezza e morbidezza. Il tannino è importante, ma è satinato e suadente, neanche lontanamente astringente e fastidioso. Di straordinaria soddisfazione il momento successivo alla deglutizione:
bocca pulita e il ritorno per vie retronasali di belle sensazioni per lunghi
istanti. Qualità eccellente.
98/100
Yeah!
Naturalmente Vosne-Romanée di Jean Grivot è un caso di scuola per
definire i concetti di intensità olfattiva, persistenza gustativa, eleganza e
complessità del bouquet e per l'infinito numero di descrittori. Ma non sarà l'unico di cui leggerete..Coming soon col Principe Nero
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