di Raffaella De Laurentiis
Oggi
ho deciso di iniziare a scrivere senza avere le idee molto chiare su ciò che ne
verrà fuori, perciò non garantisco la riuscita di questo articolo. A guidare i
miei pensieri è comunque qualcosa che ha a che fare col vino, questa volta non
inteso come bevanda da analizzare e alla quale attribuire un punteggio, ma piuttosto
come veicolo di esperienze di vita. Quando ho deciso di iscrivermi al primo
livello Ais per seguire la mia passione mi sentivo un po’ come ora: non sapevo
dove mi avrebbe portato il percorso che stavo per intraprendere, né SE mi
avrebbe portato da qualche parte. Sicuramente non immaginavo che dietro una
bottiglia di vino ci potesse essere una sorta di chiave di lettura della vita
stessa. A pensarci bene vite è il plurale di vita e mi viene in mente che questa pianta ne vede
passare tante di vite, infatti spesso una vite si “eredita”, dai nonni o dai padri che la lasceranno ai figli, che la
lasceranno ai figli dei figli ecc.ecc. Quante voci sentirà passare tra i
filari, quante mani la toccheranno e ne prenderanno i frutti: da quelle di un
bambino che si muovono a caso e si divertono a strappare i chicchi zuccherosi,
a quelle più nodose, proprio come il tronco di una vite, che sanno già qual è
il punto esatto in cui tagliare. Anche il ciclo della vita è uguale a quello
della vite, c’è la fase di crescita, di maturazione e di vecchiaia. Durante la
fase di crescita la pianta si prepara a dare i suoi frutti, così come le
persone pongono le basi per quello che potrebbero diventare. Poi c’è la fase di
maturazione, durante la quale la pianta produce i suoi frutti costantemente,
così come le persone corrono spedite per definire i contorni di quel futuro che
avevano immaginato. E poi alla fine arriva la vecchiaia e la pianta esausta
produce solo qualche grappolo e si gode il meritato riposo, come le persone che
fanno un bilancio per vedere se le “vendemmie” che hanno affrontato abbiano
prodotto delle “annate” degne di essere conservate in cantina oppure solo “vino
novello” che ha lasciato il tempo che ha trovato.
Con
il passare del tempo ho imparato a capire il vino e soprattutto le sue
sfumature. Già, le sfumature perché, come dice una canzone “ […] sono le
sfumature a dare vita ai colori […]”. Che vita sarebbe e che vino sarebbe senza
la presenza delle sfumature? La vita sarebbe piatta, senza nessun significato
recondito e da scoprire e il vino sarebbe giallo, rosa e rosso senza il
verdolino, il paglierino, il dorato e l’ambrato; senza il rosa tenue, il cerasuolo
e il chiaretto; e senza il rosso porpora, il rubino, il granato e l’aranciato.
E sono ancora le sfumature ad incuriosirci anche nella vita, per esempio,
quando ci avviciniamo a qualcuno per la prima volta che cosa attrae la nostra
attenzione? Certo, tolto l’aspetto “visivo”, che magari ci fa presagire che per
noi potrebbe essere un’ottima annata, quello che ci colpisce può essere un
gesto o una frase che magari per gli altri non hanno importanza, il tono della
voce, tutte piccole cose che, tassello dopo tassello, vanno a formare quell’insieme
perfetto che fa apparire la persona che abbiamo di fronte perfetta ai nostri
occhi, così come un miscuglio di colori alla fine dà un unico colore che è
proprio quello che serve per completare il quadro.
Ma
forse la caratteristica più importante che lega la vita al vino è
l’imprevedibilità. Non c’è niente da fare, puoi essere un bravo vignaiolo ed
essere attento a controllare ogni eventuale imprevisto, così come puoi essere
una persona leale e corretta nella vita. Ma… se la bottiglia sa di tappo? E
soprattutto, se la vita sa di tappo, siamo sicuri di poterla sempre rimandare
indietro?
P.S
Vi avevo avvisato! Non sapevo dove sarei andata a toccare e forse non sono
andata da nessuna parte. Beh se non siete riusciti a trovare un filo logico in
questo articolo non fa niente, forse non vi siete impegnati, forse sono stata
io che, volontariamente o involontariamente, non ho voluto farvelo trovare,
forse semplicemente un filo logico non c’è o forse anche questo articolo sa di
tappo. Comunque, mentre vi interrogate
sul senso di tutto ciò…beveteci sopra! Cheers!
Bellissimo! Ma poi siamo così sicuri che quello di tappo sia un brutto sapore? Viva il tappo che ci conserva tanti sapori e sentori, e se qualche volta vuole essere protagonista accettiamolo come quell'incidente passeggero che può sapere il pepe di ogni vita e di ogni amore.Tony
RispondiEliminaOps "essere"
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