di Raffaella De Laurentiis
Buona lettura! (GDM)
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Quello
che sto per raccontare non è solo una degustazione di vino, ma un viaggio
attraverso atmosfere dal sapore quasi esoterico in grado di trasportare, anche
solo per un momento, in luoghi lontani dove tutto può succedere.
Per
arrivare alla porta della cantina Faraone a Giulianova si deve prima passare
davanti all’abitazione dei signori Faraone, uno strano luogo che evoca atmosfere da film dello studio
Ghibli, in cui il tempo rimane sospeso ed è possibile incontrare strane creature
che ti accompagnano lungo il tragitto. Mi sono sentita un po’come Sophie che
entra nel Castello errante di Howl e
si ritrova catapultata in un ambiente esoterico, ricco di strani oggetti magici
e animato da “demoni” buoni; o come Shizuku de I sospiri del mio cuore che seguendo un gatto incontrato in
metropolitana ( una sorta di spirito guida)
arriva in una bottega di antiquariato dove scoprirà cose molto
interessanti. Così anch’io mi ritrovo in un’atmosfera magica mentre, passando
davanti ad una porta finestra per raggiungere la cantina, butto un occhio
all’interno della stanza e noto una luce soffusa, calda, emanata da delle
lucine simili a quelle natalizie, posizionate su un mobile e lungo una parete.
Sulla soglia intravedo un maneki neko (letteralmente
“gatto che chiama”), cioè una statuetta in ceramica di un gatto con la zampa
alzata che nella cultura giapponese è una sorta di portafortuna, che mi guarda.
E non manca neanche il mio spirito guida, infatti, mentre mi dirigo verso la
porta della cantina, incontro un gatto che mi accompagna fino al suo ingresso.
Entro, e dopo aver attraversato un corridoio fiancheggiato da archetti bassi a mattoncini sotto i quali si trovano delle candele sciolte, arrivo nella sala della bottaia e quello che mi colpisce è l’atmosfera semplice e familiare nella quale, come dei totem, si trovano le botti in cui riposa il vino. Non si tratta di un ambiente futurista studiato architettonicamente come un tempio in cui entrare quasi in ginocchio e in doveroso silenzio per paura di compiere qualche sacrilegio anche solo con il respiro, ma di un luogo in cui ci si sente a casa e che ricorda la cantina del nonno.
Un luogo in cui si respira la tradizione, la passione di chi, dagli anni ‘30 ad oggi, ha dedicato la propria vita alla vigna e al vino, trasferendo lo stesso amore di generazione in generazione. L’azienda infatti è a conduzione familiare e ha un’estensione di circa 9 ettari dai quali si producono circa 60000 bottiglie. Il signor Giovanni Faraone ha seguito la strada tracciata dal padre Alfonso e ha continuato la tradizione coinvolgendo anche i suoi figli, in particolare Federico che, da enologo, ha iniziato a seguire direttamente le produzioni dell’azienda. È proprio lui a mostrarmi la cantina e a descrivere con amore ogni procedimento.

Alla
fine di questo racconto viene da chiedersi: “ma cos’è che spinge queste persone
da generazioni ad andare avanti con caparbietà anche se gli eventi spesso non
sono favorevoli?” Forse la risposta ancora una volta è nel Castello errante
di Howl: Sophie quando entra nella casa ambulante del mago trova il demone
buono del fuoco, Calcifer, che con il suo calore permette alla casa di
muoversi. Si scoprirà in seguito che ad alimentare il fuoco è il cuore di Howl,
custodito da Calcifer. Come dire che è l’amore a muovere tutto. Quello stesso
amore che spinge me a conoscere quanto più possibile il mondo del vino e a
scoprire belle realtà, come in questo caso, fatte da persone che dedicano la
loro vita alla realizzazione di un sogno.
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