venerdì 18 novembre 2016

Il labirinto di Escher

Dice il volgo: "mò pecchè ti piace accuscì tante su vìn?". E la domanda non è mica così impertinente come vuole sembrare. Allora ti fermi a pensare e ti verrebbero pure in mente risposte serie, citazioni dotte, aforismi illustri e poi ti salgono alla mente le solite fregnacce tipo "dare un senso all'alcolismo!" ed altre più triviali che mi riservo di riportarvi oralmente.
Allora, tra le varie anime del Santo Bevitore la risposta migliore non è in una parola, ma in un'immagine. Questa.

Così è il vino. Appena riesci ad arrivare in cima ad una scalinata, il pianerottolo ti porta in un'altra direzione. Non lo potrai imparare mai, non potrai mai saperne abbastanza, neanche se sei il miglior sommelier del mondo. Neanche se vivi mille anni e ogni anno bevi mille vini. Così stanno le cose, rassegnatevi! E questa è la ragione che spinge ognuno di noi ad aprirne ancora un'altra, a fare un altro viaggetto enologico, a riunirsi in confraternita per compiere delitti enologici. E per questo mi piace (e ci piace) così tanto il vino. L'unica verità assoluta acquisibile è che non ci sono verità assolute, per il resto si tratta di baggianate dettate dall'ignoranza e dalla presunzione: "io bevo solo Franciacorta", "il miglior vino del mondo è", "non mi piace il tannino", "solo vini naturali" e compagnia cantando.
La realtà è mutevole ed inafferabile, ed ogni punto di arrivo è un punto di partenza.
Per esempio: "In Franciacorta i metodo classico si elaborano, tipicamente, partendo da cuvée di Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Blanc", l'affermazione è vera o falsa?
L'affermazione è vera e falsa: i cambiamenti climatici in atto, in particolare negli ultimi 15-20 anni, hanno costretto i produttori ad anticipare via via l'epoca di raccolta tra la seconda metà di agosto e la prima di settembre. Ora, se la tendenza al riscaldamento climatico dovesse continuare con questa intensità (e purtroppo continuerà), è dimostrato scientificamente che la raccolta non potrà essere anticipata oltre un certo limite. Dunque urge essere preparati per tempo e cambiare qualche dogma. Per continuare l'esempio, in Franciacorta da qualche hanno c'è la tendenza all'impianto di un antica varietà autoctona del Garda, pressochè estinta: l'Erbamàt. Uno dei problemi della Franciacorta è infatti la maturazione sempre più precoce dello Chardonnay, dovuta alle forti insolazioni estive, col rischio di perdere la preziosissima acidità tanto necessaria alla spumantizzazione.
L'Erbamàt potrebbe ovviare a questo inconveniente perchè è un vitigno a tarda maturazione, con la buccia spessa e verde erba (da cui il nome) e molto ricco di acidi tartarico e malico. L'antico vitigno risolverebbe dunque il recente problema, e già sono in sperimentazione Metodo Classico 100% Erbamàt con l'obiettivo finale di farlo entrare nel Disciplinare Franciacorta in affiancamento ai classici internazionali o in sostituzione dello Chardonnay. Nel frattempo l'Erbamàt è apprezzabile nella versione ferma, nel suo areale di origine (lago di Garda) prodotto da pochi appasionati viticoltori, in purezza o in blend classico con il Lugana. Appunti di degustazione, non appena le mie avide papille ne verranno in possesso.
Come volevo dimostrare, tutto è in continua evoluzione nel vino, c'è sempre qualcosa di nuovo da sapere, una bottiglia nuova da aprire... E' uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare. Prosit!          

martedì 15 novembre 2016

Lo scrigno magico del Faraone



di Raffaella De Laurentiis


Raffaella De Laurentiis è Sommelier e Degustatrice Ufficale AIS, inoltre è componente del panel della guida Vitae per l'Abruzzo, naso notevole, carattere fumantino: meglio non averla come concorrente in un concorso enologico. E' esperta conoscitrice di vino e non solo, con leggerissime predilezioni per: De André (Fabrizio e anche Cristiano), i gatti (!), il Sagrantino di Montefalco ed i passiti. E' la prima collaboratrice di questo blog e la ringrazio per il contributo e gli ottimi spunti. 


Buona lettura! (GDM)







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Quello che sto per raccontare non è solo una degustazione di vino, ma un viaggio attraverso atmosfere dal sapore quasi esoterico in grado di trasportare, anche solo per un momento, in luoghi lontani dove tutto può succedere.
Per arrivare alla porta della cantina Faraone a Giulianova si deve prima passare davanti all’abitazione dei signori Faraone, uno strano luogo  che evoca atmosfere da film dello studio Ghibli, in cui il tempo rimane sospeso ed è possibile incontrare strane creature che ti accompagnano lungo il tragitto. Mi sono sentita un po’come Sophie che entra nel Castello errante di Howl e si ritrova catapultata in un ambiente esoterico, ricco di strani oggetti magici e animato da “demoni” buoni; o come Shizuku de I sospiri del mio cuore che seguendo un gatto incontrato in metropolitana ( una sorta di spirito guida)  arriva in una bottega di antiquariato dove scoprirà cose molto interessanti. Così anch’io mi ritrovo in un’atmosfera magica mentre, passando davanti ad una porta finestra per raggiungere la cantina, butto un occhio all’interno della stanza e noto una luce soffusa, calda, emanata da delle lucine simili a quelle natalizie, posizionate su un mobile e lungo una parete. Sulla soglia intravedo  un maneki neko (letteralmente “gatto che chiama”), cioè una statuetta in ceramica di un gatto con la zampa alzata che nella cultura giapponese è una sorta di portafortuna, che mi guarda. E non manca neanche il mio spirito guida, infatti, mentre mi dirigo verso la porta della cantina, incontro un gatto che mi accompagna fino al suo ingresso.



Entro, e dopo aver attraversato un corridoio fiancheggiato da archetti bassi a mattoncini sotto i quali si trovano delle candele sciolte, arrivo nella sala della bottaia e quello che mi colpisce è l’atmosfera semplice e familiare nella quale, come dei totem, si trovano le botti in cui riposa il vino. Non si tratta di un ambiente futurista studiato architettonicamente come un tempio in cui entrare quasi in ginocchio e in doveroso silenzio per paura di compiere qualche sacrilegio anche solo con il respiro, ma di un luogo in cui ci si sente a casa e che ricorda la cantina del nonno.
Un luogo in cui si respira la tradizione, la passione di chi, dagli anni ‘30 ad oggi, ha dedicato la propria vita alla vigna e al vino, trasferendo  lo stesso amore di generazione in generazione. L’azienda infatti è a conduzione familiare e ha un’estensione di circa 9 ettari dai quali si producono circa 60000 bottiglie. Il signor Giovanni Faraone ha seguito la strada tracciata dal padre Alfonso e ha continuato la tradizione coinvolgendo anche i suoi figli, in particolare Federico che, da enologo, ha iniziato a seguire direttamente le produzioni dell’azienda. È proprio lui a mostrarmi la cantina e a descrivere con amore ogni procedimento.


Il vino sul quale vorrei appuntare l’attenzione è Collepietro Pecorino dei Colli Aprutini Igt 2015. La prima cosa che colpisce di questo vino è il colore giallo paglierino carico con riflessi dorati, e non esito a dire che questo pecorino trova nell’aspetto il suo coup de théâtre. Osservando il bicchiere mi accorgo anche della presenza di minuscole bollicine di anidride carbonica che mi suggeriscono che dovrò aspettarmi un leggerissimo pizzicore sulla punta della lingua. Portando il bicchiere al naso il primo sentore nitido, netto, che arriva con tutta la sua specificità, è quello della mandorla verde che conferisce anche quella leggera nota amarognola tipica di questo vitigno, una leggera nota minerale, poi fiori bianchi (gelsomino) e frutta (mela renetta e pera matura). L’olfatto è stato appagato! Profumo gradevolissimo che spinge a ripetute olfazioni. In bocca questo vino si manifesta con tutto il suo tipico calore, focoso e passionale come un bravo amante deve essere, sprigiona poi tutta la sua morbidezza dimostrandosi accogliente e premuroso nel non farci sentire abbandonati dopo un momento di passione. Vino sapido, di gran corpo, persistente. Insomma, un grande pecorino che rispecchia pienamente il territorio e non teme neanche abbinamenti un po’ forti con formaggi stagionati, salumi molto speziati, pasta panna e salsicce, vitello tonnato e, suggerimento personale, non sfigura neanche con delle coscette di pollo al forno con patate al rosmarino. 86/100.

Alla fine di questo racconto viene da chiedersi: “ma cos’è che spinge queste persone da generazioni ad andare avanti con caparbietà anche se gli eventi spesso non sono favorevoli?” Forse la risposta ancora una volta è nel Castello errante di Howl: Sophie quando entra nella casa ambulante del mago trova il demone buono del fuoco, Calcifer, che con il suo calore permette alla casa di muoversi. Si scoprirà in seguito che ad alimentare il fuoco è il cuore di Howl, custodito da Calcifer. Come dire che è l’amore a muovere tutto. Quello stesso amore che spinge me a conoscere quanto più possibile il mondo del vino e a scoprire belle realtà, come in questo caso, fatte da persone che dedicano la loro vita alla realizzazione di un sogno.  


venerdì 11 novembre 2016

Salvate il soldato Gardini

Adesso che la polvere si sta depositando, buon ultimo partecipo alla polemica dell'anno: Luca Gardini e il vino di Eurospin.
La catena di hard-discount ha presentato nella prima metà di ottobre una proposta di vini-manifesto delle regioni italiane (Sangiovese, Fiano, Pignoletto, Verdicchio, Montepulciano, Nero d'Avola, Vermentino e tanti altri) con prezzi al lancio inferiori ai due/tre euro. Per rappresentare l'Abruzzo sono stati scelti Montepulciano d'Abruzzo e Trebbiano d'Abruzzo DOP. Si sottolinea nella campagna che si tratta di "vini integralmente prodotti" e sono tutti vini DOP, ed il testimonial è stato Luca Gardini.

Chi è Luca Gardini.
 Luca Gardini è stato l'enfant prodige della sommellerie italiana: classe 1981, figlio d'arte, inizia il corso da sommelier AIS a 14 anni. A 23 anni è sommelier nel sancta sanctorum del vino toscano: Enoteca Pinchiorri a Firenze; dal 2005 al 2011 lavora da Carlo Cracco. Nel 2010 diventa miglior sommelier d'Europa ed accede alle semifinali del concorso mondiale per l'anno successivo (che vincerà). Scrive "L'Enciclopedia del Vino" con Grignaffini e Pozzali.
Crea il "Best Italian Wine Awards" un concorso di vini italiani, giudicati da una giuria di fama internazionale per la promozione del vino italiano nel mondo.
Praticamente un semidio.


Ora che un'icona così potesse scatenare un putiferio infernale solo per aver prestato la sua immagine alla campagna pubblicitaria di un hard discount, in un Paese serio ed equilibrato come l'Italia, non solo era prevedibile, quanto lapalissiano! E infatti.. Dagli all'eretico! I video su youtube sono diventati virali in poche ore, e virale è diventata la polemica: i più moderati commenti ammiccavano alla lievitazione del conto corrente dell'ex idolo dei sommelier trattato alla stregua di donna di facili costumi, fino ad arrivare alla descrizione dell'immagine personale del povero Gardini descritto come novello Roberto Da Crema (quest'oscuro figuro, per i più giovani, era un televenditore degli anni 80 che spacciava orrendi orologi in orrende televendite). Adesso, diciamo che chi scrive non è mai stato un fan di Gardini, del quale non ha mai amato lo stile di descrizione "sparato ed iperbolico"; diciamo che in effetti la fisicità dell'ultimo Gardini e lo stile (volutamente informale) scelto per presentarsi nei video, un po' quel Roberto Da Crema lo ricorda pure. Ma a tutto c'è un limite, ed i censori non mi sono mai piaciuti.
Salendo un attimo di livello nella discussione, i più avveduti si sono posti due quesiti:
1. come può un vino DOP (denominazione di vertice qualitativo che racchiude le DOC e le DOCG) arrivare al consumatore a meno di due euro. Risposta: può, considerando le economie di scala: tutte le etichette sono prodotte da aziende cooperative, che per definizione fanno grandi numeri e sui grandi numeri un margine ridottissimo è comunque positivo ed accettabile. 
2. di conseguenza, un vino prodotto da aziende cooperative può riportare la dicitura "vino integralmente prodotto"? Vino integralmente prodotto significa che l'azienda possiede le vigne, lavora l'uva, produce il vino, lo confeziona. Risposta: può se si considera ogni socio della cooperativa, che per definizione non possiede le vigne, "proprietario di una quota dei beni della cooperativa stessa".
Quindi agli indignati censori di cui sopra porrei il quesito: meglio l'operazione Eurospin o meglio comprarvi il Barolo imbottigliato a Foggia, il sabato pomeriggio nella GDO più di classe? Mentre elaborate il filosofico quesito, dalle alte vette della vostra indignazione, volgete l'occhio al frigorifero e chiedetevi pure: meglio il baginbox Rosso IGT 5litri-9euro o una bottiglia che ci consiglia il buon Gardini che almeno riporta denominazione e contenuto in etichetta? A volte la spocchiosità, lo spirito elitario e l'arroganza dell'essere "conoscitori di vino" dovrebbero lasciare il posto ad un po' di umiltà e di curiosità senza preconcetti. Ma lo snobismo pare una malattia diffusa nel settore e di difficile guarigione.

Io invece sono curioso come una scimmia e ogni tanto mi diverto a sfogarla la curiosità, quindi: siccome un tale diceva che "ad Atene noi facciamo così..", noi facciamo così: si va all'Eurospin e per la modica cifra di 2,60 euro ci portiamo a casa una bottiglia di Montepulciano d'Abruzzo DOP 2015 ed una bottiglia di Trebbiano d'Abruzzo DOP 2015. Così: per divertimento, per vedere cosa si può prendere con quella cifra, per confrontare la descrizione che ne fa il miglior sommelier del mondo con quella di un  sommelier qualunque, ma.... abruzzese.


Trebbiano d'Abruzzo DOP 2015 12%

L'aspetto è accattivante: un giallo paglierino cristallino e vivace con ampi riflessi verdolini che preannunciano un sorso fresco e pulito. Il naso si presenta mediamnete intenso e abbastanza complesso, piacevole nelle note franche del vitigno: fiori bianchi e frutta a polpa bianca su un interessante fondo erbaceo, di erbe aromatiche. In bocca si confermano le impressioni iniziali: sorso pulito, con spiccata acidità e discreta sapidità che reggono l'equilibrio gusto-olfattivo. Le morbidezze moderate preannunciano la disponibilità a qualche anno di longevità. Persistente, per la tipologia, ed abbastanza intenso sembra più fine al palato che all'olfatto.
Nel complesso, un vino abbastanza armonico... un pò banale nell'aspetto olfattivo, ma certamente interessante al gusto.
Degustato prima da solo e poi in armonico abbinamento con cappelletti in brodo.
80/100

Montepulciano d'Abruzzo DOP 2015 12,5%    

Vividissimo rosso rubino profondo con spiccati riflessi violacei, di consistenza importante: archetti fitti e lacrime pigre nella discesa della parete vetrata. Il naso è classico del Montepulciano: frutta rossa (amarena) e nota erbacea fresca, poi floreale e un piccolo ricordo minerale, il tutto sovrastato da un piacevole sentore vinoso che sa di acerba gioventù.  
Secco, caldo e con morbidezza da compiere, ha nelle durezze gustative le frecce migliori: grande freschezza e tannicità tipicamente vigorosa seppur mai fastidiosa, sopraffanno una mineralità solo discreta. Il risultato è un palato pulito ed asciutto attraversato da un sorso potente: equilibrato, intenso, persistente e fine. Maturo e vicino, molto vicino, all'armonia.
Degustato prima da solo e poi in armonico abbinamento con gnocchi di patate al ragù.
84/100


 Il vino è della Società Cooperativa Agricola San Zefferino di Ortona (Ch), realtà del chietino formata da oltre 400 soci e più di cinquant'anni di attività. Produce i principali autoctoni abruzzesi ed alcuni tra i più importanti internazionali. In questo caso la prova non era delle più ardue: sono sempre più convinto che fare in Abruzzo un brutto Montepulciano o un pessimo Trebbiano sia veramente difficile. Terra e clima sono troppo congeniali a questi vigneti, tanto che perfino un diabolico manipolatore avrebbe difficoltà a rovinarli (con tanta buona volontà ci si può sempre riuscire eh! ma non è questo il caso). In realtà, un ipotetico alieno che si trovasse per la prima volta nel calice questi due vini non avrebbe una brutta fotografia del vino abruzzese, tutt'altro.
Certamente non si tratta di vini stellari, non si tratta di vini perfetti dal punto di vista dell'equilibrio gustativo, non si tratta di vini dalla complessità infinita, ma sono prodotti più che dignitosi. E sono accessibili a chiunque, senza patemi d'animo nè di portafogli.
Se poi l'ipotetico alieno fosse invogliato a farsi un giretto da queste parti e volesse regolarsi, assaggiando le diverse sfaccettature del vino abruzzese, ecco che l'operazione dell'eretico Luca Gardini acquisterebbe senso e merito con buona pace dei Soloni di cui sopra.

Statt Calm & Biv Montepulcian!