mercoledì 8 febbraio 2017

Di vulcani ed altri profumi

Per la seconda volta in pochi mesi incrocio i passi enoici con Federico Graziani: la prima volta qualche mese fa a Roma per LifeofWine, adesso una degustazione di tre rossi del sud tra cui il suo "profumo di vulcano".
Federico Graziani, fosse stato un calciatore, lo avrebbero definito un predestinato: sommelier professionista a 19 anni, quasi subito va da Gualtiero Marchesi, scrive la carta dei vini per Cracco, miglior sommelier d'Italia nel 1998, ha scritto "Grandi vini di piccole cantine" e tanto altro.
Nonostante questo ha anche dei pregi: è persona gentilissima (lo so perchè ero in servizio, e quando sei in servizio, la persona educata e gentile la riconosci); grazie a Dio non è una star: nell'italica sommellerie, se la tira pure l'ultimo mescitore, figurarsi uno con una storia così; é persona interessante: non ha una storia da raccontarti, ne ha dieci, cento, mille; a differenza di tanti altri suoi "colleghi" campioni dell'universo non è figlio d'arte (il che ne fa un supereroe per me, perchè se tuo padre è maitre da Ferran Adrià vuoi o non vuoi parti davanti al figlio del metalmeccanico) e quello che ha fatto se l'è fatto lui. Comunque, Graziani arriva mentre mi gingillo col mio collega e subito mi fa modificare l'ordine di servizio dei vini: dopo capirò perchè. Le etichette in questione sono tre e precisamente: 
1. Serpico Feudi San Gregorio           Doc 2011      13% alcol; 
2. Aglianico del Vulture  Basilisco      Doc 2010      14.5% alcol; 
3. Profumo di Vulcano Sicilia Rosso   Igt   2012      14,5% alcol. 
L'ordine di servizio richiesto da Graziani è quello descritto. Come si capisce Basilisco e Profumo di Vulcano fanno riferimento diretto alle aree vulcaniche del Vulture e dell'Etna, il Serpico non esattamente all'area vesuviana ma l'Irpinia presenta peculiari caratteri pedoclimatici assimilabili: grossolanamente è l'area centro-orientale della Campania, la più montuosa, con inverni rigidi e abbondante piovosità annuale. Terreni disomogenei con alternanza di strati argillosi e sedimenti vulcanici. In un'ipotetica carta dei vulcani "unisce" l'area vesuviana con quella del Vulture appunto. 
Il Serpico è il vino del mio cuore non solo per merito di Sidney Lumet e Al Pacino, quindi sarò buono e indulgente nel valutarlo. Dice: ma già l'hai detto altre volte che il vino x era il vino del tuo cuore! Si, ma il mio cuore è molto grande, quasi quanto il mio fegato, ci entrano molte bottiglie. Andiamo avanti..

Molti anni fa, quando per la prima volta bevvi Serpico, me lo fecero provare affinchè lo stolto sommelier principiante lo fissasse in memoria come icona dell'Aglianico. Lo stolto principiante se lo fissò, e si segnò pure la cantina: Feudi San Gregorio è forse la migliore espressione di che vuol dire fare vino di territorio dell'intero sud-Italia (provare per credere, il Pietracalda, il Greco di Tufo, la Falanghina e poi venitemi a raccontare..) grazie anche alla conduzione agronomica di Pierpaolo Sirch un friulano trapiantato sull'appennino campano.
Con il Serpico non c'è partita: Rosso rubino compatto e vivo, ti dice perchè mi apri? potevo riposare ancora 4-5 anni senza perdere una virgola del mio vigore! L'olfatto colpito da una complessità piena, scandito ritmicamente come dai rintocchi di un campanile: more e ribes, vegetale di erbe balsamiche, nota di tabacchiera, liquirizia, un fiammifero di nota sulfurea dapprima dominante poi più tenue e armonizzata, cuoio e tostature. Al palato è secco, caldo, abbastanza morbido, abbastanza fresco, tannico e sapido. L'equilibrio gustativo è mirabile, la componente tannica vigorosa e potente non schiaccia le altre sensazioni ma le guida come un buon padre. Finezza ed eleganza del sorso si apprezzano ancora di più una volta deglutito: il finale è lungo, la mineralità resta in gola per lunghi momenti, il corpo è possente ma non pesante: dritto e tagliente come una lama e hai il tempo di pensare che l'armonia è totale. Come lo vorresti fare un grande rosso? Così. Saluti a tutti: la capolista se ne va e godi Mario.

92/100 

L'Aglianico del Vulture di Basilisco poteva avere miglior fortuna, se non si fosse incontrato con il Serpico, è un buon vino. Non il migliore che abbia mai bevuto, raggiunge un equilibrio nelle sue componenti gustative, ma per così dire è un equilibrio "basso", senza particolari entusiasmi.
L'azienda è di piccole dimensioni, meno di trenta ettari coltivati a biologico a Barile (Pz). 
Rosso rubino di buona consistenza, gioca il suo bouquet principalmente sui fruttati: ciliegia e prugna. Una nota vegetale lascia presto il passo alla bacca di vaniglia: il passaggio in barrique per 18 mesi si fa sentire ma non è spiacevole.
In bocca è di buon corpo, con il grado alcolico che si fa sentire, più morbido del precedente ha nella tannicità e nella sapidità le doti migliori.
Armonico e fine. Forse più rotondo di quanto ci si potrebbe aspettare, ma come ho detto non colpisce per nessun particolare aspetto, nè per l'insieme.

85/100 


E veniamo all'Etna. La storia di Profumo di Vulcano è la storia di un salvataggio in extremis di un piccolo vigneto sulle pendici settentrionali dell'Etna composto da Nerello Cappuccio, Nerello Mascalese, Francisi ed Alicante. Le viti sono a piede franco perchè il sedimento vulcanico fu mal gradito dalla fillossera. Il sesto d'impianto è il tradizionalissimo alberello. Le viti sono centenarie. Federico Graziani lo ha rilevato salvandolo dall'espianto più per operazione culturale che per business. Oggi produce circa 1300 bottiglie/anno. Anche la vinificazione è tradizionale: fermentazione in tini aperti con lieviti indigeni ed affinamento in botte piccola per un paio d'anni. Rosso rubino compatto, mostra buona consistenza, ma il massimo dell'interesse lo esprime al naso. Il bouquet è molto articolato e fatto di munerosi cicli: frutta piccola (ciliegie e fragole vere, non quelle sciapite da supermercato), vegetale fresco aromatico (tipo timo per capirci), note tostate di frutta secca (mandorla) e spezie, il tutto su un fondo minerale inizialmente sulfureo poi di grafite. Più lo annusi più si rivela. Al palato rivela un buon equilibrio seppure il corpo si mostri più esile di quanto la gradazione alcolica lascerebbe intendere. Qualche difficoltà nel definirlo pienamente secco, ma nei vini con fermentazione spontanea un minimo residuo zuccherino è comune. Inoltre la piccola percezione di dolcezza contribuisce a non elevare troppo il grado alcolico e modera le durezze. Il tannino è presente, non irruente ma abbastanza levigato. La freschezza non trova pienezza nel suo valore ma è ben supportata dalla mineralità. Equilibrato e armonico guadagna qualche punto rispetto al Basilisco per un migliore bouquet olfattivo. I toni più moderati di tannino e acidità potrebbero non consigliarne lunghe conservazioni, ma che provenga da viti così antiche apre spazio a riflessioni sulla capacità di equilibrio dell'uva già prima del vino. Fai la stessa cosa, nello stesso posto, con una vigna di 20 anni... vediamo quanto tempo ci metti ad armonizzare il tutto. 

88/100
 
Potrei dire che questo vino mi dà l'impressione di essere ad immagine e somiglianza del suo produttore, ben coadiuvato da Salvo Foti. Il risultato è di un certo interesse, diverso dagli altri Etna che ho avuto modo di assaggiare. Le note leggiadre del sorso ed i toni educati di Graziani si somigliano. Inoltre ci dà un'altra lezione: la conduzione agronomica è senza ausilio di chimica. Solo rame e zolfo ma non si tratta di scelta ideologica, in casi di emergenza non vi si esclude il ricorso. Graziani non si definisce mai biodinamico, sebbene utilizzi in vigneto anche qualche mulo. Pure questo ci piace.
Infine, per i filosofi del naturale: il vino è piacevole e non presenta le tipiche "puzze" naturali. Perchè, pur trovandosi in una posizione climatica certamente calda, la vigna è in altura e la sagoma del vulcano la ripara dallo scirocco. L'escursione termica giornaliera e stagionale è notevole, ciò consente la concentrazione dei profumi ed evita le maturazioni precoci. Il tutto lo avvicina ai climi francesi, dove i vini naturali sono bevibili e non puzzano. ça va sans dire..        



Alla fine è stata una degustazione di grande interesse, guidata da Federico Graziani con garbo. Interessante l'interazione territorio-bouquet olfattivo. In Champions League ci va il Serpico, se non l'avevate capito, ma Profumo di vulcano dà spunti di riflessione non scontati ed ha dimostrato una piacevolezza poco comune. 
Dimenticavo l'ordine di servizio: Graziani lo ha disegnato come una pennellata. Spremi il tubetto di colore, ci affondi il pennello e tiri via una riga. Dal più intenso e pastoso al più delicato. Ottima scelta.