mercoledì 26 ottobre 2016

Ca'del Bosco: la vertigine di Annamaria

Rimuginavo da un po' di tenere un blog che fosse diario e promemoria dei miei incontri/scontri enoici, ma attendevo una grande occasione per iniziare e così rimanda oggi, rimanda domani... Eccola l'occasione: una verticale straordinaria della Riserva Annamaria Clementi, il vertice qualitatitativo della produzione di Ca'del Bosco, azienda portabandiera della Franciacorta. Alla presenza del patron dell'azienda e presidente del Consorzio Franciacorta Maurizio Zanella, e dell'enologo Stefano Capelli.


La Franciacorta è quel giardino lombardo che va da Brescia a Bergamo alle sponde meridionali del lago d'Iseo; è insieme al Trento Doc il più serio competitore della Champagne nella produzione di spumanti metodo classico nel mondo. I vitigni simbolo sono i classici della spumantizzaione internazionale: Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Blanc.
Nel 1995 Franciacorta diviene la prima DOCG italiana per spumanti e il termine "Franciacorta" è l'unica definizione (oltre a "Champagne") che indica Vino, Territorio e Metodo di Produzione. La superficie vitata è di circa 18000 ettari. La notorietà qualitativa dell'area produce incrementi di vendita e diffusione: nel 2015 16,5 milioni di bottiglie vendute per il marchio con la F ed incrementi di fette di mercato dell'ordine dell'8% annuo. Ci sta poco da scherzare.
Oltre alla spumantizzazione, vero core business del territorio, si producono anche vini fermi prevalentemente a base di internazionali (uvaggio bordolese ad esempio) e varietà locali. 




Ca'del Bosco è tra le più prestigiose aziende vitivinicole d'Italia e del mondo, nata alla fine degli anni 60, è oggi il simbolo della denominazione Franciacorta. L'azienda di Erbusco coltiva direttamente circa 200 ettari di vigneto con cura delle uve e delle fasi di trasformazione in cantina... maniacali (vi lascio solo immaginare cosa può essere la Spa delle uve, o il controllo della rugosità delle facce dei tappi, cioè un altro mondo). Maurizio Zanella è l'artefice del miracolo: lungimirante, serio come può essere serio uno nato a Bolzano, ma disponibile, socievole e simpatico, poca spocchia da superstar. Stefano Capelli è il "macchinista": enologo formato in azienda sulle tracce del grande Dubois, che Zanella andò a pescare in Champagne perchè per competere con i migliori, devi avere in squadra i migliori. Idee chiare: per esempio sulle fermentazioni spontanee ( che sono il contrario dell'autenticità territoriale per cui vengono spacciate), o il biologico come leva di mercato ( Ca' del Bosco è in conversione Bio, ma non lo indicherà mai in etichetta), o l'addizione di solfiti più bassa tra gli spumanti metodo classico.
 
La degustazione che vi racconto è una verticale senza pari della RISERVA ANNAMARIA CLEMENTI (questa era la madre di Zanella, titolare di quella piccola tenuta con il casale immerso nel bosco di castagni e del primo vigneto di famiglia). Il disciplinare Franciacorta impone alle riserve la permanenza minima sui lieviti di 60 mesi prima del degorgement. La parola chiave della frase precedente è MINIMA, perchè queste bottiglie vengono da permanenza sui lieviti di 30, 20, 15 anni: giusto per farsi anche un'idea della potenza economica dell'azienda.

I millesimi in degustazione: 2007 , 2001, 1999, 1995, 1989, 1985.
La degustazione è stata condotta da: Katja Soardi, sommelier franciacortina trapiantata in Abruzzo
La location: la magnifica sala ipogea di Piazza Garibaldi a Teramo


2007: ultimo nato della prestigiosa famiglia, saluta allegro nel bicchiere con una spumetta fragrante ed evanescente che presto lascia spazio a lunghe e numerose catene di bollicine. Le bollicine sono fini, lente e persistenti: si raccolgono al centro del bicchiere in attesa delle altre, che salgono dal fondo. Il colore è giallo paglierino profondo e vivo, per cui il termine brillante non è affatto sprecato, né proforma. L'anidride carbonica porta al naso esplosioni di profumi anche esuberanti, nelle prime olfazioni: l'ultimo dei sentori riconoscibili è la "famigerata" crosta di pane/croissant/pasticceria originata dai lieviti, prima ci sono susseguirsi di pesca nettarina e agrumi, fiori gialli, note balsamiche verdi, poi è la volta di un vago sentore di nocciola e solo infine arriva il croissant alla crema. Complessità olfattiva molto interessante e di estrema eleganza. In bocca è secco, caldo, abbastanza morbido, con grandissima freschezza e sapidità imponente. L'equilibrio c'è tutto,  seppur spostato con nettezza sul versante delle durezze: è pieno e non potresti desiderarlo diverso. L'intensità olfattiva si conferma anche al palato ed è accompagnata da lunghissima persistenza. La bocca ne rimane sorpresa e vogliosa, la grande sapidità la costringe ad importanti salivazioni (o forse è solo l'acquolina originata dal desiderio di averne ancora).
Molto fine, molto elegante: mantiene fino alla fine quel che promette all'inizio. Lo stato evolutivo: per me è maturo, all'inizio della sua maturità perchè la mia golosità mi impedirebbe di attenderlo anche solo per pochi mesi. Davanti a sè ha un'autostrada di longevità, qualcuno lo potrebbe perciò definire pronto, ma così vicino all'eccellenza forse l'attesa non ripagerebbe dei giovamenti.
95/100 


2001: la veste è molto simile all'ultima annata, l'idea di freschezza che trasmette la lucentezza del bicchiere e la vivacità del perlage non farebbe sospettare di una cuvée di quindici anni fa. L'olfazione è invece più portata su toni di grande mineralità e agrumati, frutta e fiore sono ben presenti ma in secondo piano e si alternano senza prevaricarsi con una nota di mandorla secca.
In bocca, rispetto al primo, freschezza e sapidità non si affrontano più ad armi pari: la freschezza pur essendo ancora piena è però meno esuberante. Ciò lascia immaginare maggiore presenza di polialcoli, ma probabilmente si tratta di un diverso rapporto di forza tra le due componenti. La sapidità è invece ancora al massimo: alle soglie del salato ma non disturba.
Equilibrio, Intensità, Qualità e Persistenza non ammettono commenti, solo complimenti. E' certamente un vino maturo, in cui anche l'annata particolarmente favorevole ha generato un'armonia molto soddisfacente.
96/100     

1999: Quando il gioco si fa duro... il giallo paglierino inizia a virare sul dorato tenue, alla mescita la spuma superficiale da fragrante si fa più soffice e un po' più restia nello sparire. Pesca gialla e mandarino annunciano il consueto spunto minerale, che qui si definisce meglio in una pietra bagnata. 
Al gusto, l'equilibrio è sempre presente: fresco e sapido senza eccessi. Ancora lunga la persistenza, ancora palato ben irrorato, ancora un top player da mettere in campo subito.
95/100

 
1995: Il giallo paglierino è ormai un ricordo: adesso la veste dorata è esaltata dalla presenza di numerosissime bollicine dalla grande trasparenza.
L'olfazione rimane complessa ed articolata, ma il citrino dei campioni precedenti lascia spazio ad una buccia d'arancia candita, il fiore giallo tende all'appassimento, compare una confettura di fichi su un importante fondo minerale e salmastro. 
Secco, Caldo e Morbido, per la prima volta l'acidità scende dal valore pieno. La sapidità invece domina ancora il campo. C'è equilibrio nel palato, è un equilibrio diverso dai precedenti, forse più rotondo. Intensità e persistenza determinano una perfetta armonia e un'eleganza difficilmente eguagliabile.
98/100


1989: Giallo dorato estremamente luminoso e coronato da spuma superficiale cremosa. Al naso, quasi sparite le note fruttate, è protagonista la mineralità, subito affiancata da note salmastre e fumè. La foglia di tabacco biondo e un'umidità di sottobosco articolano il quadro olfattivo. Chiude la discreta nota di pasticceria, non più croissant ma créme brulé.
L'eleganza al palato si fa suadente, sapidità e freschezza sono domate dagli anni ma ancora possenti e vivide. L'equilibrio complessivo è ancora potente ma allo stesso tempo delicato.
96/100


1985: Incredibile. Grandioso giallo dorato vivace, luminoso, aperto alla luce, attraversato da decine di catenelle di bollicine fini. La spuma iniziale è una crema che fa dubitare della pressione in bottiglia, ma non è un Satén.
L'olfazione è chiara e spostata con nettezza sui sentori terziari: la prima impressione è ematica e ferrosa, poi decisa nota iodata, mandorla tostata, zafferano e cannella e ancora burro fuso in continui sovrapporsi. 
Al palato, per la prima volta dominano le morbidezze: perfettamente rotondo, secco, caldo, morbido, l'acidità sostiene ancora il campo avverso ma è quasi piegata: sul mezzotono dell'"abbastanza". La sapidità regge molto bene. L'intensità è un po' più attenuata, ma se possibile la persistenza ha migliorato le sue doti. L'armonia è accademica: questo '85 non si rassegna. Dilata il tempo di degustazione, riaccende l'attenzione, nessuno vorrebbe perdersi il minimo dettaglio. E' un vino da meditazione: fa meditare su quanto si è stati stolti ad aprire le bottiglie precedenti.
98/100



Purtroppo sono finiti.. chi mi seguirà su queste pagine difficilmente rivedrà queste valutazioni, però è stata una verticale entusiasmante: onore al merito! Ognuna di queste bottiglie vale lo sforzo di cercarle, di acquistarle e di assaggiarle con calma, attenzione e grande rispetto.
I punteggi simili non traggano in inganno: ognuno degli assaggi ha mostrato una sua ben precisa fisionomia, pur partendo dallo stesso uvaggio (Chardonnay 55%, Pinot Blanc 25%, Pinot Noir 20%), pur nascendo dalla stessa mano, pur venendo dalle stesse vigne (le più vecchie dell'azienda: più di 35 anni per lo Chardonnay, più di 25 per i Pinot). Ne esci un po' confuso, un po' barcollante e abbacinato da un senso di vertigine difficilmente raccontabile. E per una volta ti senti fortunato.